ERCULES
 
Nella mitologia

E' difficile definire un preciso periodo o una fase storica in cui compare il nucleo del mito di Eracle, anche se è realistico pensare che esso veicoli retaggi antichissimi, che risalgono al Neolitico e passano poi per il mondo minoico-miceneo: purtroppo, però, il nome dell'eroe non è attestato - come avviene per quello di Zeus, Poseidone, Artemide e Atena - sulle tavolette in "lineare B". Gli studiosi sono comunque concordi nell'affermare che, a partire dall'epoca minoico-micenea (seconda metà del II millennio a.C.), circolavano oralmente dei racconti che avevano per protagonista un giovane e valente guerriero-avventuriero, il quale assumeva le vesti di eroe purificatore di un mondo ancora soggiogato ai mostri e alle forze del Caos. Questo eroe acquisiva inoltre, mano a mano, i connotati dell'eroe viaggiatore, che conquistava alla conoscenza dell'uomo nuovi territori ed allargava, sia verso occidente sia verso oriente, i confini delle terre fino ad allora conosciute: non è certo difficile riconoscere in questo personaggio l'Herakles dell'epoca classica. Ben presto, con il progressivo ampliarsi delle esperienze coloniali greche, il mito di Eracle cambia i propri orizzonti: dal Peloponneso, che è stata la sua terra di origine e rappresenta il primo palcoscenico delle sue avventure, si passa a poco a poco ad altre regioni della Grecia, quindi in Sicilia ed in Magna Grecia fino ad arrivare nel Sannio, a Roma ed in Gallia.

Herakles nasce in Beozia, ma le origini sono peloponnesiache (la madre e il padre terrestre provenivano da Tirinto in Argolide), da Alcmena e da Zeus, che per concupire la giovane sposa assunse le sembianze del marito Anfitrione, assente per una spedizione. Fin dalla culla il bambino dà prova delle sue doti incredibili, strozzando i serpenti mandati da Era, la moglie divina di Zeus adirata, nella culla di Eracle e del fratellino terrestre Ificle (lo stesso nome Herakles, in greco significa "famoso" o "glorioso per Era"). Fu allevato dai migliori maestri in ogni disciplina eroica (nella lotta, nel tiro con l'arco, nella scherma, nella guida del carro): l'innata intemperanza gli fece uccidere il maestro di lira, Lino, che lo aveva ripreso, per la qual cosa Anfitrione decise di mandarlo a badare alle mandrie sulle montagne. Come pastore, l'eroe assunse clava e arco e, ben presto, si distinse in imprese valorose: a diciotto anni uccise un leone che annientava il bestiame del padre terreno e del re Tespio, fondatore della città di Tespi in Beozia: quest'ultimo, per gratitudine, avrebbe offerto all'eroe le sue cinquanta figlie (secondo una tradizione i nati da questa unione avrebbero colonizzato la Sardegna). Tornando da Tespi, Ercole ebbe modo di sconfiggere anche gli Orcomeni e di ricevere come premio da Creonte, re di Tebe, la figlia Megara. Da questa l'eroe ebbe molti figli e visse tranquillo finché Era non lo fece impazzire e, credendo di vedere dei nemici, l'eroe uccise moglie e figli. Tornato in sé, scelse l'esilio e, tormentato dai rimorsi, si recò a Delfi, dove la sacerdotessa Pizia gli ordinò di recarsi a Tirinto e servire per dodici anni il re Euristeo: solo esaudendo gli ordini di quest'ultimo Eracle avrebbe espiato la sua colpa e ottenuto l'immortalità.

Nascono così le celebri "dodici fatiche", il dodekathlos (dal greco dodeka, "dodici", e athlos, "gara"). Durante lo svolgimento delle sue "fatiche" l'eroe ebbe modo di cimentarsi in una serie di avventure occasionali (note come parerga) e di azioni eroiche che compì di sua iniziativa (praxeis). Tra queste si ricordano l'avventura con i Centauri, adirati perché l'eroe aveva approfittato dei vino di loro proprietà offertogli dal centauro Folo, gli scontri con vari briganti (quali Cicno, Licaone, Anteo, Alcioneo), l'episodio in Egitto presso Busiride, il re che sacrificava gli stranieri e fu perciò ucciso da Eracle, quello della lotta con Apollo per il tripode. La vita dell'eroe ha una svolta con le nozze con Deianira, figlia di Oineo: quest'ultima ricevette dal centauro Nesso morente un pò del suo sangue misto a veleno delle frecce di Eracle, con cui secondo il centauro la donna avrebbe potuto riconquistare il marito se avesse smesso di amarla. Quando se ne presentò l'occasione, l'ignara Deianira, gelosa di Jole, mandò al marito una tunica intrisa del sangue del centauro, provocando così la morte dell'eroe. Già dal VII secolo a.C., però, era nota la versione del mito per cui la parte immortale dell'eroe era stata accolta nell'Olimpo.

Nella nostra storia